venerdì 29 agosto 2008

Almeno l'inizio.

Alla fine ti trovasti in un bel posto e lì capisti perché t'erano stati chiesti gli occhi in prestito. Per il loro particolare colore, fai tu quale, che ora è l'iride delle finestre. Alla fine ti fu chiaro perché quel gran parlare della tua bella conchiglia auricolare; e quel solleticare. Eccoli i padiglioni, i disimpegni, la chiocciola i vestiboli ecco la stanza. E tu entrasti perché c'era tutto e tutto a oltranza i tuoi comportamenti e le reazioni, le tue belle presenze e gli abbandoni, le carezze in cambio delle tue carezze, e le scontrosità, le irritazioni. C'era anche qualcuno che ti diceva "È tardi dobbiamo andare". E tu dicevi "No, io voglio ancora, ancora io mi voglio mi voglio rivedere e se non tutta, almeno l'inizio". Che cosa avresti fatto per sentirti un po' più sola e per dolcemente navigare sul dorso o sul tuo petto, e fare una capriola che ribaltasse il cielo. Lì c'eran tutti predisposti i baci asciutti e meno e tutti i desideri, e le istintive applicazioni di te eran montate ad arte accanto al tuo profilo, vicino ad ogni tua parte. E tu dicevi "Ancora un altro poco e se non tutto almeno un po' d'inizio". Fare si può fare ed anche disfare, ma è un'impalcatura. Dipende da chi sopra ci sale. E tu dicevi "Ancora un poco, e se non tutto, e se non tutto almeno l'inizio". E tu, una volta su osservi la tua stanza. Tu, la tua, nella quale, oltre il disfare e il fare, si delineano cose appena appena verosimili. Con ciliege passeggere e grappoli appannati, d'uve segrete e nere dalle pelli boriose e fini, perché tu, che ti senti alle volte una mandria possa indire turchini selvaggi festini. Con curvi cieli estivi che scendono come coperchi su te che bollivi. Con i freschi provvisori che soffiano sotto i cuscini e tu li assalivi con gli abbracci e le guance giaciute con l'equatore perché di te, già cibata, non è di calore che hai bisogno ma di un orgoglioso refrigerio.
Lucio Battisti

venerdì 22 agosto 2008

Cavolo quanto ho bevuto..sembravo alcolizzata..sballata! ubriaca, semplicemente ubriaca della vita..e correvo e cantavo e ridevo, ridevo senza fermarmi, senza voglia di fermarmi e ballavo, ballavo tra luci oscure e poi lucenti, frenetiche di una discoteca piena di gente..gente che ti spinge, gente che ti si avvicina e ci prova, gente che ti sorride, gente che ti imbruttisce e gente che suda, gente che si diverte, gente che urla. Salire sul cubo, aggrapparsi ad un palo, sculettare un pò e darsi delle arie, fregarsene di ciò che pensano di te e dargli importanza l'attimo dopo. Poi arrabbiarsi e rifare pace, pentirsi e poi pensare..pensare di non voler più pensare..emozionarsi per niente ed essere dura e fredda, essere dolce come non mai e poi frenarsi, perdere i freni inibitori, perdere la concezione del tempo, ritrovarla dopo poco che la cerchi, poi rifermarsi e riflettere, riflettere che non è il momento di riflettere.
Bagni al mare, sole ed ombra, amici sulla spiaggia, amici in piscina, baci e screziate dalla mattina alla sera. Ancora tutto senza mai fermarsi un attimo, che quando ti fermi senti che finisce, finisce qualcosa che non vuoi che finisca. Avere caldo, ma tanto caldo..non respirare e poi prendere una boccata d'aria, stare attenti al mal di gola, attenti al ventilatore, quel ventilatore che gira piano piano e che fissi con gli occhi, boccheggiando, quasi volendolo pregare di andare più veloce. Ma si che prima o poi mi sente! Abituarsi a tutto questo e non sentire nemmeno più il caldo. Lo specchio della camera, piccolissimo e noi altri fanatici a ballarci dentro, a specchiarcici tutto il tempo anche senza vederci bene. Immagini sfocate, immagini che traballano, immagini limpide, immagini incancellabili. Qualcosa di più e qualcosa di meno. Qulacosa che non ti basta e qualcosa che va bene così.
Bere acqua riscaldata, bere assetati, assetati di sete, assetati di voglia di stare insieme, di starsene da soli, assetati di divertimento e di paure, assetati di imbarazzo e di facce toste!
Sorseggiare lentamente anche le ultime goccie..
Finisce il bicchiere, c'è un pò di vodka..odiosa e pungente, sballante e frizzante, buona..ne voglio ancora! ed essere felici così..
Chiamare qualcuno per nome e non sapere nemmeno se sia davvero il nome giusto, riderci un pò su e farsi prendere in giro, non sapere una parola di inglese ed improvvisare al momento. Ordinare da mangiare qualcosa che ti piace ed accontentarsi di mangiare tutt'altro, sventolarsi con un piccolo pezzo di carta rimediato e sporco e sentirsi sollevati anche se per poco. Stare insieme e guardarsi negli occhi. Spogliarsi e rivestirsi. Ascoltare musica, tanta tanta musica! Gasarsi per poco e sgasarsi per ancor meno. Piangere lacrime facili, lacrime più difficili da ingoiare e da lasciar seccare, non piangere affatto. Sperare e poi lasciar stare. Va bene va bene così ( come dice Vasco ), essere contenti per davvero poco. Spostare l'aereo la mattina della partenza e pensare di non voler tornare più, poi restare ancora con la voglia di andar via. E vedere la fine e comportarsi come se non esistesse fine. Chiudere gli occhi solo quando è il momento. Riaprirli solo mentre si dorme, mentre tutto dorme e io che ancora non ho voglia di dormire ma solo di vivere. Riposati anche tu! no ma che, vado a prendermi un caffè! Caffè amaro, caffè americano, caffè espresso, caffè che ti tira su. Accendere subito una sigaretta e fumare tanto, fumare che costa di meno, fumare che non vuole che tu fumi, fumare che ti trema la mano, fumare che fuori fa più fresco, fumare che stai chiaccherando. Finire tutto il pacchetto e ricercare il tabaccaio. Accendere la piastra che ho i capelli ricci, indomabili e crespi, antipatici da gestire, belli da guardare, odiosi da sopportare. E sono contenta così. E non mi sta mai bene niente. E amo tutti e odio tutti. E sto bene con me stessa e non so che cosa faccio. E mi apprezzo e mi detesto. Cantare la colonna sonora che ti appartiene, cantarla a chi ti sta vicino con la speranza che gli piaccia. Fare i capricci, essere seri, giocare e poi buttarsi l'acqua addosso, attenta che mi fai male! Sguardi di timore, sguardi di sfida ed io che son testarda e che dico non mi sfidare! e poi sfidare solamente me stessa, mettersi alla prova ed esser contenti ed esser delusi. Poi cercare il vestito nell'armadio, sgualcito e umido, cercare un modo per rimediare e farsi prestare qualcosa. Truccarsi, spruzzarsi quel profumo e poi uscire di casa. Dove andare, ma si certo sempre li! Va bene, va bene così.

Amarsi un pò è come bere..più facile è respirare, basta guardarsi e poi avvicinarsi un pò e non lasciarsi mai, impaurire no, no..
Amarsi un pò è un pò fiorire, aiuta sai a non morire, senza nascondersi, manifestandosi si può illudere la solitudine, però volersi bene no..partecipare è difficile quasi come volare, ma quanti ostacoli e sofferenze, poi sconforti e lacrime per diventare noi, veramente noi, uniti, indivisibili, vicini ma irragiungibili..però volersi bene no, partecipare è difficile quasi come volare..
(Amarsi un pò. Battisti )



giovedì 21 agosto 2008

" L'un t'éclaire avec son ardeur,
l'autre en toi met son deuil, Nature!
Ce qui dit à l'un: Sépulture!
dit à l'autre: Vie et splendeur!"

( Alchimie de la douleur )

Ma almeno in questa umanità che si contorce ridicolmente, Baudelaire restava solo, dotato di irriducibile soggettività, e perchè spinto a lottare da solo contro l'illusione della vita, a mostrare la presenza del verme nel frutto e la disgregazione nell'uomo.
Dicevano di lui: " L'atteggiamento di Baudelaire è quella di un uomo curvo. Curvo su se stesso come un Narciso. Non v'è in lui coscienza immediata che uno sguardo acuto non la trapassi. A noi altri basta vedere l'albero o la casa; tutti assortiti nel contemplarli, dimentichiamo noi stessi. Baudelaire non si dimentica mai. Si guarda vedere, guarda per vedersi guardare; quel che lui contempla è la sua coscienza dell'albero o della casa, e le cose non gli appariscono se non attraverso di essa, più pallide, più piccole, meno commoventi, come se le scorgesse traverso un binocolo...Nella sua stessa arte non avrà altra preoccupazione, che di mostrare le cose attraverso uno spessore di coscienza umana."