mercoledì 24 giugno 2009

Scrivo come non mai, questi giorni. Ovunque, continuamente. Mi si è aperta la valvola e sputo parole senza tregua. Qui, sul quaderno rosso la notte, sul blocco che tengo sotto la scrivania. L'altra mattina ho scritto anche sul retro di un foglietto del parcheggio. Ero in macchina e aspettavo che scendesse mia nonna. Mio capitano, vedremo mai terra? Frasi brevi, concetti, immagini che trovo nella mia mente e che fino a che non tiro fuori rimangono lì, ristagnano.

Prima ho capito quanto è bello trovare il concetto “casa” in posti che non è la tua. Quella sensazione familiare di essere a casa propria mi piace quando mi viene nelle dimore degli altri. Per esempio ho capito quanto mi fa casa stare da Vale. Posso andare da lei salutarla e andare al pc, oppure farmi un caffè, fumare una sigaretta nella veranda… Ho addirittura passato l'aspirapolvere e il folletto in cucina. Mi piace quando scopro di sapere la disposizione delle cose negli sportelli. E mi piace da morire quando gli altri fanno lo stesso in casa mia. Come Mario che può servirsi da solo, che se mi aiuta a apparecchiare non mi chiede ogni due secondi dovesonoitovagliolileposateipiattiibicchieri. Va diretto, proprio come se fosse a casa sua. Sembrerà una stronzata però a me fa veramente piacere.

Altro momento, altro pensiero. Ultimamente mi sto accomiatando da ogni cosa. Ieri mi è venuto in mente che avrei voluto salutare Laura. Bè questa può sembrare una stronzata visto che negli ultimi anni ci saremo dette si e no tre parole. Ho provato ad immaginare un nostro incontro. Sicuramente qui in questa stanza, anche se non è più la stessa, non ci sono più i disegni, le cartoline, le frasi attaccate al muro: "immagina nessuna nazione, niente per cui morire o dare morte, immagina non ci sia il paradiso,nessun inferno sotto i nostri piedi, su di noi soltanto il cielo" E poi "Io sono un sognatore!" Ma ora come e di cosa potremmo parlare? Ci sono troppi arretrati e troppe diffidenze per fare qualsiasi discorso. Ci sarebbe ipocrisia e quel patetico cercare di rendere tutto come era. Di fare un grosso passo indietro anche solo per un pomeriggio. No, impossibile. Impossibile sostenere quello sguardo senza pensare a quello che in passato mi comunicava. Sentire quella voce che un giorno rideva con me. Devo imparare a capire che le cose finiscono, anche le amicizie. E non serve a niente prolungare il momento o pensare di poter recuperare.
Le cose finiscono, le cose finiscono Sarè.
Ma non per questo occupano meno spazio nell’anima.

Nella mia testa, nelle mie paure


Sono completamente piena di parole. Strabordo pensieri. Mi avanzano, non li controllo, mi disobbediscono. Sono troppi, mi esauriscono, mi sfuggono.
Per fortuna che i libri che leggo me ne rubano un po’. I loro racconti sono la panacea dei miei malesseri. Mi cibo delle frasi, delle immagini, dei protagonisti a volte così veri che ormai li considero miei amici. Mi dissetano, mi placano, mi distraggono. E rispondono alle mie domande, mi consigliano. In alcuni delle volte ho l’impressione che quello che dicono sia riferito proprio a me. In ognuno c’è stato un viaggio da affrontare. Fisico e metaforico. C’è l’ansia e la libertà di partire mollando tutto. Sono viaggi catartici che alleviano le ansie dei pensieri miei. Avevo pensato anche io di partire lontano per un pò, era un idea che avevo visto apparire come un mezzo per ritrovare me stessa. Abbandonare tutta la mia vita, per trovarla. E in questa operazione di smantellamento dell’ansia, di redirezionamento della paura dell’ignoto le parole dei libri a volte mi accompagnano. Mi guidano.

Tutto quello che facevo o non facevo era accompagnato dalla frase “me ne pentirò- mi mancherà- sarà difficile -rimpiangerò tutto questo se un giorno sarò lì.” E non è un pensiero facile con cui convivere. Anche Dani è tormentato da questi pensieri, a volte ho paura che lo condizionino troppo. Ma il fatto di saperlo in anticipo non lo aiuterà con la sua battaglia col suo mostro personale. Eppure sono poche le persone che sognano qualcosa disperatamente. Bisognerebbe non soffocare quella luce e trovare il coraggio di tentare. Fattostà che forse non gli ho mai detto che anch'io avevo già pensato di volermene andar via da sola.

Ieri notte sono uscita a fumare in terrazzo. Solo io e le zanzare. Non ho acceso neanche le luci, mi sono seduta sul gradino e mi sforzavo di non pensare. E più mi impegnavo più mi saliva dentro la paura. Una paura grossa, densa. Non la so spiegare, non la so contenere. Ho chiuso gli occhi e ho aspettato che mi riempisse. Che percorresse il corpo e poi uscisse. Non volevo guardare: tutto in quei momenti può diventare il volto della mia paura. Ho continuato a respirare. Lentamente, cercando di svuotare la mente. Quando mi serve uso ancora il metodo che mi insegnò Laura una decina di anni fa. Immagino un grosso pennello da pittore che dipinge di bianco l’interno della mia mente, cancellando ogni immagine e pensiero. E’ infantile ma funziona. Sentivo la bocca dello stomaco chiudersi, la pelle d’oca sulle braccia, ondate di caldo e di freddo. sensazioni di vuoto, di solitudine.

Dopo non so quanto tempo ho riaperto gli occhi. Era finito tutto, sono rientrata e mi sono messa al letto. Sono pregna di pensieri questi giorni.

Con quella strana sensazione addosso mi sono messa a pensare a mia nonna ovviamente. Avevo la testa ancora pulita dai pensieri. Così ho potuto fare quello che da giorni tentavo. Ho creato un contatto. Tra me e la sua camera c’era solo una lunga scia luminosa. L’ho vista sveglia attaccata alle flebo. Probabilmente già sognavo ma ero in quella fase dove riesco a pilotare i sogni, in quella linea sottile tra sonno e veglia. Sentivo le mani che mi bruciavano sotto al cuscino. Gliele ho imposte sulla fronte, sul viso, sulla gola. Intanto la chiamavo, le dicevo di dormire, che sarebbe passato presto. Poi credo si sia addormentata. E me ne sono tornata in me.



Sono piena di poesia. E’ in corso un lavoro di introspezione magnifico e terrificante. In questi giorni sono intima con me stessa. Non mi mento, non mi faccio paura. Mi parlo e mi ascolto molto. E’ il primo passo per la schizofrenia?

domenica 21 giugno 2009



Parlami dell'universo di un codice stellare che morire non può

di anime in continuo mutamento e abbracci nucleari estesi nell'immensità

dove tu mi stai aspettando adesso...

...dentro una vertigine che danza e ci porta al di là del tempo

sino a ritornare sulle labbra l'incanto è lo stesso

perchè niente è cambiato anche se tutto è diverso.

Cantami dell'universo di un codice stellare che mentire non può

cadono nel vuoto in un momento miliardi di segnali che accendono l'immensità

dove tu lo sai che poi mi perdo...

...dentro a una vertigine che danza e ci porta al di là del tempo

fino a ritornare sulle labbra l'incanto è lo stesso

perchè niente è cambiato anche se tutto è diverso...

perchè niente è cambiato anche se tutto sembra diverso...

miliardi di segnali che accendono l'immensità.... .

..dentro a una vertigine che danza e ci porta al di là del tempo

fino a ritornare sulle labbra l'incanto è lo stesso e tu sei...

...dentro a una vertigine che danza e ci porta al di là del tempo...


Cristina Donà

giovedì 18 giugno 2009

Una sera come tante. Una sera di quelle inutili, dove fuori di qui il tepore dell’estate scalda i vetri delle mie finestre, le macchine per la strada corrono senza rallentare e sempre di fretta, suonando i clacson, frenando rumorosamente, tutto come sempre. Il rumore permeato del mondo che si insinua nelle mie orecchie, come le parole a volte urlate di quei vicini di casa, quella coppia che stasera ha qualcosa per cui discutere. I lampioni fiocamente illuminati, qualche gatto che passa e che miagola, il televisore acceso, che parla, che fa un po’ di chiasso, ma al quale io non presto la ben che minima attenzione. Mi tiene compagnia a volte, semplicemente come sottofondo. E la Noia.. che mi trattiene un po’ con se e che non mi permette di muovermi liberamente. Mi stringe bene i polsi con un nodo difficile da sciogliere. Probabilmente se mi mettessi a leggere un po’, potrei vagare con la mente ed i pensieri spostarmi di luogo in luogo. Ma stasera non saprei cosa leggere. Nessuno stimolo. Eccola una sera come tante, quelle che non lasceranno traccia, che domani non ricorderò più. Il telefono non squilla, il pc che mi permette di scambiare due chiacchere con me stessa, e anche con ben poche cose da raccontarmi. Ma allora che scrivo a fare. Potrei approfittare per parlare di alcune cose, ma di nuovo la noia che stringe più forte i miei polsi, mi fa rallentare, ha paura che l’idea che ho avuto possa appassionarmi ed io con lei mollare la presa. Ma stavolta gliela darò vinta, perché tutto vorrei fare tranne che essere qui, stasera, tranne che fosse una sera come tante, che domani non ricorderò. E vorrei non essere sola in questa stanza, e vorrei che certi ricordi non mi perseguitassero quando mi sento sola. In questa sera, mi lascerò trascinare dal calore di queste luci, e mi lascerò andare all’apatia. Che non mi va di ascoltare musica, se non il tram tram delle automobili qui fuori, che non riesco a prestare attenzione a quella televisione ridicola, ne a qualche libro interessante. Ed in questo momento non vorrei essere sola in questo letto disfatto. Non vorrei essere sola per dover guardare negli occhi me stessa. Il muro tra me e ciò che mi circonda diventa più alto, più spesso. Punto la sveglia solo perché mi cade dalle mani mentre cerco di capire come mai stasera le lancette non seguono il solito moto perpetuo, si muovono con una lentezza che quasi mi spaventa, come se volessero darmi anche loro il tempo, il mio tempo per respirare e per conciliarmi con la tranquillità che mi si addice. Noia lasciami dare un tocco di colore al blu della notte che incombe. Arieggi nella mia camera come un fantasma. E l’aria è così pesante. Ma l’odore del mondo entra nella mia stanza, si mischia con quello della sigaretta appena accesa, mi domando solamente come si fa ad occupare il vuoto?