lunedì 20 luglio 2009

E non ci sono strade che ci portano fino alla luna, non c'è il mare in quest'universo che mi abbraccia e mi stringe e mi scalda. E non c'è il silenzio tra le parole che diciamo, non s'abbattono come maremoti dentro l'anima per riflettere l'immenso che m'appartiene. La paura che incombe. Un desiderio che sa di tramonto. Una luce che risplende fioca nell'anima, che mi avverte del rischio. Farsi male, scappare, rincorrersi, ritrovarsi e poi fuggire dinuovo. Nel vuoto che si placa dentro me. Mi riempio di me stessa per sotterrare quella voce che vuole urlare. Resta lì se nessuno ti ascolta. Cercare i paesaggi tra i tuoi occhi, trovarli e non potercisi avvicinare. La paura che incombe. Lasciarsi trasportare dal vento, lasciare che mi sollevi nell'aria come foglia e poi mi sbatti a terra, piano piano l'atterraggio. E vorrei che mi coccolassi, che mi proteggessi, che mi stringessi forte al petto. Vorrei che ogni bacio fosse come il primo, come quando mi hai preso la mano e l'hai portata al tuo petto per dirmi: lo senti?! E ci sono strade sbarrate di anni di cemento. E picchio il mio martello per distruggere il muro che oppone resistenza. Una crepa, forse due. Il muro che traballa e poi resta alto e possente sotto al sole cocente, che forse dai, prima o poi si squaglia. Ne resto aggrappata con le unghie. Ma non serve a niente stare qui. Ho sbatutto forte la testa su di un macigno che forse non si sposterà mai.




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