mercoledì 24 giugno 2009

Nella mia testa, nelle mie paure


Sono completamente piena di parole. Strabordo pensieri. Mi avanzano, non li controllo, mi disobbediscono. Sono troppi, mi esauriscono, mi sfuggono.
Per fortuna che i libri che leggo me ne rubano un po’. I loro racconti sono la panacea dei miei malesseri. Mi cibo delle frasi, delle immagini, dei protagonisti a volte così veri che ormai li considero miei amici. Mi dissetano, mi placano, mi distraggono. E rispondono alle mie domande, mi consigliano. In alcuni delle volte ho l’impressione che quello che dicono sia riferito proprio a me. In ognuno c’è stato un viaggio da affrontare. Fisico e metaforico. C’è l’ansia e la libertà di partire mollando tutto. Sono viaggi catartici che alleviano le ansie dei pensieri miei. Avevo pensato anche io di partire lontano per un pò, era un idea che avevo visto apparire come un mezzo per ritrovare me stessa. Abbandonare tutta la mia vita, per trovarla. E in questa operazione di smantellamento dell’ansia, di redirezionamento della paura dell’ignoto le parole dei libri a volte mi accompagnano. Mi guidano.

Tutto quello che facevo o non facevo era accompagnato dalla frase “me ne pentirò- mi mancherà- sarà difficile -rimpiangerò tutto questo se un giorno sarò lì.” E non è un pensiero facile con cui convivere. Anche Dani è tormentato da questi pensieri, a volte ho paura che lo condizionino troppo. Ma il fatto di saperlo in anticipo non lo aiuterà con la sua battaglia col suo mostro personale. Eppure sono poche le persone che sognano qualcosa disperatamente. Bisognerebbe non soffocare quella luce e trovare il coraggio di tentare. Fattostà che forse non gli ho mai detto che anch'io avevo già pensato di volermene andar via da sola.

Ieri notte sono uscita a fumare in terrazzo. Solo io e le zanzare. Non ho acceso neanche le luci, mi sono seduta sul gradino e mi sforzavo di non pensare. E più mi impegnavo più mi saliva dentro la paura. Una paura grossa, densa. Non la so spiegare, non la so contenere. Ho chiuso gli occhi e ho aspettato che mi riempisse. Che percorresse il corpo e poi uscisse. Non volevo guardare: tutto in quei momenti può diventare il volto della mia paura. Ho continuato a respirare. Lentamente, cercando di svuotare la mente. Quando mi serve uso ancora il metodo che mi insegnò Laura una decina di anni fa. Immagino un grosso pennello da pittore che dipinge di bianco l’interno della mia mente, cancellando ogni immagine e pensiero. E’ infantile ma funziona. Sentivo la bocca dello stomaco chiudersi, la pelle d’oca sulle braccia, ondate di caldo e di freddo. sensazioni di vuoto, di solitudine.

Dopo non so quanto tempo ho riaperto gli occhi. Era finito tutto, sono rientrata e mi sono messa al letto. Sono pregna di pensieri questi giorni.

Con quella strana sensazione addosso mi sono messa a pensare a mia nonna ovviamente. Avevo la testa ancora pulita dai pensieri. Così ho potuto fare quello che da giorni tentavo. Ho creato un contatto. Tra me e la sua camera c’era solo una lunga scia luminosa. L’ho vista sveglia attaccata alle flebo. Probabilmente già sognavo ma ero in quella fase dove riesco a pilotare i sogni, in quella linea sottile tra sonno e veglia. Sentivo le mani che mi bruciavano sotto al cuscino. Gliele ho imposte sulla fronte, sul viso, sulla gola. Intanto la chiamavo, le dicevo di dormire, che sarebbe passato presto. Poi credo si sia addormentata. E me ne sono tornata in me.



Sono piena di poesia. E’ in corso un lavoro di introspezione magnifico e terrificante. In questi giorni sono intima con me stessa. Non mi mento, non mi faccio paura. Mi parlo e mi ascolto molto. E’ il primo passo per la schizofrenia?

Nessun commento: